Ecco un altro mio articolo ben... stagionato (datato 2007), risuscitato grazie ad archive.org (santo subito)
In questo articolo trattavo di normative di carattere tecnico ed urbanistico a proposito dell'installazione delle nostre antenne.
Anche qui, sono ben accette dritte, suggerimenti, aggiornamenti etc
Visto che son qui, un aggiornamento veloce: la DIA oggi è stata sostituita dalla SCIA
autore: Ing. Arturo D'Aprile (ik7jwy)
(versione 1 del 4-8-2007)
Nella lettera di trasmissione della mia licenza (come era allora definita l'attuale Autorizzazione Generale) per l'impianto e l'esercizio di una stazione di radioamatore, il cui oggetto era "Antenne", era scritto testualmente:
"Ai sensi dell'art.315 del D.P.R. 29-03-1973 n.156, si intende per stazione radioelettrica uno o più trasmettitori od un complesso di trasmettitori e ricevitori nonchè gli apparecchi accessori, comprese le antenne, necessari per effettuare un servizio di radiocomunicazioni. Ne consegue che il titolare della licenza è autorizzato all'installazione della stazione nel suo complesso così come è definita dall'art.315 sopra indicato, al fine di poter svolgere l'attività radiantistica per la quale è abilitato. E' inteso che le antenne non devono in alcun modo impedire il libero uso alla proprietà, secondo la sua destinazione nè arrecare danno alla proprietà medesima ed a terzi."
Dal 1987 molte cose sono cambiate. Oggi vige il Nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche che, a proposito delle antenne per stazioni di radioamatore, all'art.17 primo comma dell'Allegato 26, recita:
"1. Per la installazione delle antenne di radioamatore si applicano le disposizioni di cui all'articolo 209 del Codice nonché le vigenti norme di carattere tecnico, urbanistico, ambientale e di tutela della salute pubblica." ( http://www.urpcomunicazioni.it/codice_allegati.pdf)
Il citato art.209 del Codice regola i rapporti tra le installazioni di antenne e la proprietà di terzi. Ciò che, invece, più interessa in questa sede è il richiamo alle "vigenti norme di carattere tecnico, urbanistico, ambientale e di tutela della salute pubblica".
Quali sono queste norme e come esse incidono sulla eventuale necessità di redigere un apposito progetto del nostro impianto di antenna ?
Iniziamo con le norme di carattere tecnico
Sugli Impianti
La normativa tecnica che viene subito in mente a proposito di impianti in generale è quella sulla loro sicurezza, la legge n.46 del 1990. Questa legge, seguita dal relativo Regolamento di Attuazione n.447 del 1991, stabilisce che l'installazione degli impianti debba essere eseguita da personale abilitato che rilascia alla fine dei lavori la relativa "dichiarazione di conformità". Inoltre, in essa vengono individuati gli impianti per i quali è anche necessario presentare apposito progetto. La legge in questione, all'art.1, stabilisce l'ambito di applicazione e cita tra gli altri impianti:
"b) gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche;"
Quando tale legge entrò in vigore, quindi, ci si iniziò a chiedere se anche gli impianti realizzati dai radioamatori, in particolare le loro antenne, non rientrassero nel suo campo di applicazione. L'interrogativo ebbe una autorevole risposta nel 1994, quando l'allora Ministero dell'Industra, Artigianato e Commercio, con propria nota del 7-maggio-1994 a firma del Capo Ufficio Legislativo, scrisse testualmente:
"A giudizio dello scrivente, peraltro, l'esenzione delle attività radioamatoriali potrebbe trovare giustificazione sia nel carattere di "sperimentazione" riconosciuto dal Regolamento internazionale delle radiocomunicazioni (Ginevra,l979) reso esecutivo con D.P.R. 27.7.1981, n. 740, sia nella esaustiva disciplina speciale della materia che prevede,tra l'altro, la possibilità per l'Amministrazione postale di dettare prescrizioni tecniche (art. 9 D.P.R. 5.8.1996 n. 1214) e di procedere ad ispezioni delle stazioni radio (art. 16 citato D.P.R. n. 1214). Gli interessati devono essere altresì in possesso di apposita concessione di impianto ed esercizio di stazione di radioamatore (art. 330 D.P.R. 29.3.73 n. 156) che può essere rilasciata solo a chi abbia conseguito apposito titolo di abilitazione (patente di radioamatore) a seguito di esame vertente su discipline tecniche e regolamentari, ivi inclusi elettrologia ed elettrotecnica, effetti fisiologici della corrente elettrica e norme di protezione. Resta peraltro salva la necessità di garantire una reale applicazione della norma CEI 81/1 (protezione di strutture contro i fulmini), qualora una installazione di antenna radioamatoriale possa, in relazione alle sue caratteristiche, alterare l'altezza virtuale di un edificio e quindi rendere necessaria una protezione di tutto l'edificio contro i fulmini."
A questa seguì la nota datata 9-9-1994 della Direzione Centrale dell'allora Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, a firma dell'Ing. Avanzi, con cui si comunicava all'Associazione Radioamatori Italiani quanto segue:
"Il medesimo Dicastero dell'Industria, con data del 7.5.1994, della quale si unisce copia, ha ritenuto che l'attività radioamatoriale possa considerarsi esente dalle previsioni della legge 46/90 restando però..."salva la necessità, di garantire una reale applicazione della norma CEI-81/1 (protezione di strutture contro i fulmini), qualora una installazione di antenna radioamatoriale possa, in relazione alle sue caratteristiche, alterare l'altezza virtuale di un edificio e quindi rendere necessaria una protezione di tutto l'edificio contro i fulmini". La suddetta nota venne pubblicata su Radio Rivista n.10 del 1994.
A parere del sottoscritto, quanto sopra riportato dovrebbe essere sufficiente a far ritenere che i nostri impianti di antenna siano esclusi dal campo di applicazione della legge n.46/90. E' vero che una nota ministeriale non ha lo stesso peso giuridico di una legge e che in essa viene usato il condizionale "potrebbe", tuttavia ritengo che essa rappresenti in ogni caso un autorevole pronunciamento, da parte dello stesso Ministero promotore della legge sulla sicurezza degli impianti, a favore della esclusione degli impianti radioamatoriali, pronunciamento che non potrebbe venire disatteso in sede legale in caso di contenzioso per un eventuale sinistro. E in quella sede avrebbe il suo valore anche la nota dell'Ing. Avanzi sopra accennata con cui, tra l'altro, si invitava l'Associazione Radioamatori Italiani alla massima diffusione tra gli associati di quanto comunicato dal Ministero dell'Industria Artigianato e Commercio.
Pur nell'ipotesi di non assoggettabilità degli impianti di antenna radioamatoriali alle prescrizioni della legge n.46/90, resta tuttavia l'obbligo di applicazione della normativa sulla protezione dalle scariche atmosferiche. A tale proposito rinvio ad altro articolo, pubblicato in questa stessa sezione del portale, intitolato "Protezione dalle scariche atmosferiche". In esso illustro la procedura semplificata per la valutazione del rischio di fulminazione prevista dalla Norma CEI81-1 e applicata al caso specifico delle nostre antenne.
Naturalmente, obbligo della protezione dalle scariche atmosferiche non vuol dire obbligo di realizzare un impianto di protezione dalle scariche atmosferiche. Vuol dire invece che la struttura interessata deve essere protetta contro i fulmini a regola d'arte. A questo proposito, la legge n.186 del 1° marzo 1968 e la stessa legge n.46/90 stabiliscono che la protezione conforme alla norma CEI 81-1 è da considerarsi a regola d'arte. Si tratta, quindi, di applicare tale normativa tecnica al caso specifico, volta per volta, e vedere cosa siamo effettivamente tenuti a fare. Nel caso in cui, a seguito della applicazione della norma CEI81-1, il rischio dovuto al fulmine risultasse minore di quello tollerabile, non sarebbe richiesta alcuna misura di protezione perchè, come si dice in questi casi, l'edificio interessato risulterebbe "autoprotetto".
Qualora, invece, la realizzazione di un impianto di protezione dalle scariche atmosferiche risultasse necessaria, oltre a doverci rivolgere a personale abilitato che alla fine dei lavori ci rilasci la "dichiarazione di conformità" prevista dalla legge n.46/90, potremmo essere costretti anche a far redigere apposito progetto di tale impianto. Il Regolamento di Attuazione della legge n.46/90, infatti, all'art.4, prevede l'obbligo di progetto:
"d) per gli impianti di cui all'art. 1, comma 1, lettera b) (tra cui gli impianti radiotelevisivi e le antenne, n.d.r.), della legge, per gli impianti elettronici in genere, quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione nonche' per gli impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 mc dotati di impianti elettrici soggetti a normativa specifica CEI o in edifici con volume superiore a 200 mc e con altezza superiore a 5 metri;" (la sottolineatura è mia)
In base, dunque, alle dimensioni degli edifici interessati e alla eventuale presenza o meno di impianti elettrici soggetti a specifica normativa CEI (esempio: locali ad uso medico, locali con pericolo di esplosione, locali con maggiore rischio in caso di incendio) sarà necessario o meno redigere il progetto dell'impianto di protezione dai fulmini. Escludendo i casi più rari di presenza di impianti soggetti a specifica normativa CEI, resta l'eventualità che l'edificio interessato abbia un volume superiore a 200 mc e un'altezza superiore 5 metri. In effetti, considerati questi valori dimensionali, è molto facile ricadere in questa eventualità. Ovviamente, qualora il progetto dell'impianto di protezione dai fulmini fosse necessario, esso potrà essere redatto solo da un professionista abilitato.
Vi è da dire che, nella denegata ipotesi che, nonostante il pronunciamento del 1994 del Ministero dell'Industria, Artigianato e Commercio, gli impianti di antenna dei radioamatori non fossero esclusi dal campo di applicazione della legge n.46/90, anche per essi sarebbe molto facile ritrovarsi con l'obbligo della loro progettazione. Infatti, la lettera b) dell'art.4 del Regolamento di attuazione della legge, sopra riportata, include tra gli impianti per i quali è necessario il progetto sotto certe condizioni, anche le antenne e gli impianti radiotelevisivi in genere. In realtà, professionalmente non mi è ancora capitato di vedere un solo progetto, redatto ai sensi della Legge n.46/90, di impianto televisivo centralizzato di un condominio, ad esempio.
Comunque, come si è visto, il progetto dell'impianto di antenna ai sensi della Legge n.46/90 e successivo Regolamento di Attuazione, non è sempre necessario, nè è sempre obbligatorio un collegamento a terra o un vero e proprio impianto di protezione dai fulmini, nè è obbligatorio non superare certe altezze con le antenne. In realtà, i casi possibili vanno studiati singolarmente, di volta in volta, alla luce di quanto sopra esposto.
Passiamo ora alle norme di carattere urbanistico.
Tali sono quelle norme in forza delle quali potrebbe essere richiesto un permesso di costruire (come oggi si chiama la vecchia concessione edilizia) o una D.I.A. (Denuncia di Inizio Attività) o comunque un provvedimento che autorizzi l'installazione del sistema di antenna. A tale proposito, nell'ormai lontano anno 1988, il Consiglio di Stato, sezione V giurisdizionale, con sua decisione del 20 maggio 1988, depositata il successivo 20 ottobre, si espresse sull'argomento in maniera chiara ed inequivocabile , dichiarando che:
"l'antenna in questione (una direttiva tipo YAGI montata su traliccio posto sul tetto di un edificio, n.d.r.) non costituisce trasformazione del territorio Comunale agli effetti delle leggi urbanistiche, le quali si riferiscono ad opere infisse al suolo o di sistemazione a scopo edificatorio del suolo stesso, e non necessita di autorizzazione o concessione edilizia piu' di quanto ne necessitino le antenne televisive poste sui tetti delle case"...omissis..."Va per contro osservato che l'autorizzazione all'installazione di stazioni radioelettriche ad uso privato - e della relativa antenna - compete all' Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, alla quale l'art. 397 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 Marzo 1973 n. 156 riserva il potere di dettare, con decreto del Ministro le norme tecniche relative, cosicche' anche per questo verso, risulta infondata la pretesa del Comune di sindacare in via di autorizzazione le dimensioni dell'antenna"
Questa sentenza ha fatto storia, rappresentando un solido punto di riferimento per molte successive sentenze di altre Corti.
Per esempio, il T.A.R. Piemonte, con sentenza n.5933 del 10-5-2000, ha ribadito che:
"l’installazione di una antenna per radioamatore è considerata dalla giurisprudenza un’opera che non importa attività di trasformazione del territorio, priva quindi di rilevanza edilizia, a meno che non vi siano opere edilizie eccedenti quelle necessarie per la semplice posa in opera delle attrezzature tecniche costituenti l’impianto ( Tar Piemonte 163 del 16-4-1993, C.d.S. V 642 del 15-12-1986; C.d.S. V 1283 del 7-9-1995). Nel caso di specie vi è stata solo la posa del traliccio quale sostegno dell’antenna; il traliccio non può essere considerato un’ opera di rilevanza edilizia." ( http://www.altalex.com/index.php?ids...not=1589)Dello stesso parere il T.A.R. Puglia che, con sentenza n.912 del 15-6-1990 ha stabilito che:
"l’antenna di una stazione radioelettrica non comporta in nessun modo e in nessun caso trasformazione edilizia e/o urbanistica del territorio comunale agli effetti delle vigenti leggi urbanistiche, le quali si riferiscono ad opere infisse al suolo o di sistemazione a scopo edificatorio del suolo stesso. L’ installazione di tali antenne, con i relativi tralicci che fungono da sostegno non necessita pertanto di autorizzazione o concessione edilizia , al pari di quanto comunemente avviene per le antenne televisive poste sui tetti delle case o degli impianti installati dall’ E.N.E.L. , dalla S.I.P. e da similari enti ( in tal senso cfr. Cons. Stato , sez. V . 20.10.1988. n. 594 ). ( http://members.xoom.virgilio.it/_XOO...IA91290.htm)Al contrario, lo stesso Consiglio di Stato, V sezione, ha stabilito la necessità del titolo abilitativo alla installazione di un traliccio di supporto di antenne qualora esso sia ancorato direttamente al suolo. Infatti, con sentenza n.5253 del 5-10-2001, premettendo che:
"La costante giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte osservato che ai sensi dell'art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 è soggetta al rilascio della concessione edilizia ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento e l'alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico, o anche solo funzionale (Sez. V, 14 dicembre 1994, n. 1486; Sez. V, 23 gennaio 1991, n. 64; Sez. V, 21 ottobre 1985, n. 343)."
ha stabilito che:
"In particolare, poiché il piano urbanistico quale strumento di pianificazione indica quali siano le consentite modificazioni del territorio, il richiamato art. 1 della legge n. 109 del 1977 richiede il rilascio della concessione edilizia (e dunque il necessario riscontro di conformità) quando s'intenda realizzare un intervento sul territorio con la perdurante modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza di opere in muratura (Sez. V, 1 marzo 1993, n. 319; Sez. V, 23 gennaio 1991; Sez. II, 2 maggio 1990, n. 1092/89; Sez. II, 11 ottobre 1989, n. 1348/88; Sez. V, 15 luglio 1983, n. 329), anche quando si tratti di una "antenna saldamente ancorata al suolo e visibile dai luoghi circostanti" (Sez. V, 6 aprile 1998, n. 415)." ( http://www.ambientediritto.it/senten...1%20n.5253.htm)
Sembrerebbe, dunque, ormai consolidata la giurisprudenza che vuole non necessario alcun provvedimento autorizzativo emesso dalla P.A. per l'installazione di antenne radioamatoriali sopra i tetti delle case, mentre richiede tale provvedimento autorizzativo (permesso di costruire o D.I.A.) nel caso in cui il supporto delle antenne consista in un'opera più importante da impiantare direttamente al suolo e che richieda lavori di movimento terra per scavi, plinti di fondazioni etc. E' facile rifiutare in ogni caso questa conclusione, rammentando che la nostra A.G. si estende anche alle antenne, senza le quali di fatto non potremmo svolgere alcun servizio per il quale siamo stati autorizzati. Ma, riacquistando pacatezza e ragionevolezza, dobbiamo riconoscere la cogenza dell'articolo n.17 dell'Allegato 26 del Codice delle Comunicazioni, accennato all'inizio di questo articolo, il quale ci impone il rispetto anche delle norme di carattere "urbanistico". Quindi, in poche parole, siamo si autorizzati ad installare le antenne che riteniamo opportune, ma nel rispetto delle leggi oggi vigenti in merito.
Il consiglio che mi sento di dare a chiunque voglia muoversi correttamente e prevenire eventuali problemi, con conseguenti esborsi di denaro per spese legali (anche nell'ipotesi di finale vittoria, spesso le spese vengono compensate tra le parti, ossia ognuno si paga le proprie...), è quello di conoscere adeguatamente la regolamentazione urbanistica della propria città. Basta recarsi presso l'Ufficio Tecnico del proprio Comune, direttamente o per il tramite di un tecnico di fiducia. Non esiste una regola generale valida per la totalità dei Comuni Italiani. In ambito urbanistico, in pratica, il federalismo è assai più spinto che in altri ambiti, per cui potrebbe essere che in un Comune ti si chieda una D.I.A. per installare il traliccio, mentre in un altro Comune tale installazione ti venga direttamente negata dalle norme. Quanto sopra almeno per sapere a cosa potremmo andare incontro qualora decidessimo di agire senza chiedere alcun atto autorizzativo. E' sempre valido il detto "prevenire è meglio che curare"...
In questo articolo trattavo di normative di carattere tecnico ed urbanistico a proposito dell'installazione delle nostre antenne.
Anche qui, sono ben accette dritte, suggerimenti, aggiornamenti etc
Visto che son qui, un aggiornamento veloce: la DIA oggi è stata sostituita dalla SCIA
autore: Ing. Arturo D'Aprile (ik7jwy)
(versione 1 del 4-8-2007)
Nella lettera di trasmissione della mia licenza (come era allora definita l'attuale Autorizzazione Generale) per l'impianto e l'esercizio di una stazione di radioamatore, il cui oggetto era "Antenne", era scritto testualmente:
"Ai sensi dell'art.315 del D.P.R. 29-03-1973 n.156, si intende per stazione radioelettrica uno o più trasmettitori od un complesso di trasmettitori e ricevitori nonchè gli apparecchi accessori, comprese le antenne, necessari per effettuare un servizio di radiocomunicazioni. Ne consegue che il titolare della licenza è autorizzato all'installazione della stazione nel suo complesso così come è definita dall'art.315 sopra indicato, al fine di poter svolgere l'attività radiantistica per la quale è abilitato. E' inteso che le antenne non devono in alcun modo impedire il libero uso alla proprietà, secondo la sua destinazione nè arrecare danno alla proprietà medesima ed a terzi."
Dal 1987 molte cose sono cambiate. Oggi vige il Nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche che, a proposito delle antenne per stazioni di radioamatore, all'art.17 primo comma dell'Allegato 26, recita:
"1. Per la installazione delle antenne di radioamatore si applicano le disposizioni di cui all'articolo 209 del Codice nonché le vigenti norme di carattere tecnico, urbanistico, ambientale e di tutela della salute pubblica." ( http://www.urpcomunicazioni.it/codice_allegati.pdf)
Il citato art.209 del Codice regola i rapporti tra le installazioni di antenne e la proprietà di terzi. Ciò che, invece, più interessa in questa sede è il richiamo alle "vigenti norme di carattere tecnico, urbanistico, ambientale e di tutela della salute pubblica".
Quali sono queste norme e come esse incidono sulla eventuale necessità di redigere un apposito progetto del nostro impianto di antenna ?
Iniziamo con le norme di carattere tecnico
Sugli Impianti
La normativa tecnica che viene subito in mente a proposito di impianti in generale è quella sulla loro sicurezza, la legge n.46 del 1990. Questa legge, seguita dal relativo Regolamento di Attuazione n.447 del 1991, stabilisce che l'installazione degli impianti debba essere eseguita da personale abilitato che rilascia alla fine dei lavori la relativa "dichiarazione di conformità". Inoltre, in essa vengono individuati gli impianti per i quali è anche necessario presentare apposito progetto. La legge in questione, all'art.1, stabilisce l'ambito di applicazione e cita tra gli altri impianti:
"b) gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche;"
Quando tale legge entrò in vigore, quindi, ci si iniziò a chiedere se anche gli impianti realizzati dai radioamatori, in particolare le loro antenne, non rientrassero nel suo campo di applicazione. L'interrogativo ebbe una autorevole risposta nel 1994, quando l'allora Ministero dell'Industra, Artigianato e Commercio, con propria nota del 7-maggio-1994 a firma del Capo Ufficio Legislativo, scrisse testualmente:
"A giudizio dello scrivente, peraltro, l'esenzione delle attività radioamatoriali potrebbe trovare giustificazione sia nel carattere di "sperimentazione" riconosciuto dal Regolamento internazionale delle radiocomunicazioni (Ginevra,l979) reso esecutivo con D.P.R. 27.7.1981, n. 740, sia nella esaustiva disciplina speciale della materia che prevede,tra l'altro, la possibilità per l'Amministrazione postale di dettare prescrizioni tecniche (art. 9 D.P.R. 5.8.1996 n. 1214) e di procedere ad ispezioni delle stazioni radio (art. 16 citato D.P.R. n. 1214). Gli interessati devono essere altresì in possesso di apposita concessione di impianto ed esercizio di stazione di radioamatore (art. 330 D.P.R. 29.3.73 n. 156) che può essere rilasciata solo a chi abbia conseguito apposito titolo di abilitazione (patente di radioamatore) a seguito di esame vertente su discipline tecniche e regolamentari, ivi inclusi elettrologia ed elettrotecnica, effetti fisiologici della corrente elettrica e norme di protezione. Resta peraltro salva la necessità di garantire una reale applicazione della norma CEI 81/1 (protezione di strutture contro i fulmini), qualora una installazione di antenna radioamatoriale possa, in relazione alle sue caratteristiche, alterare l'altezza virtuale di un edificio e quindi rendere necessaria una protezione di tutto l'edificio contro i fulmini."
A questa seguì la nota datata 9-9-1994 della Direzione Centrale dell'allora Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, a firma dell'Ing. Avanzi, con cui si comunicava all'Associazione Radioamatori Italiani quanto segue:
"Il medesimo Dicastero dell'Industria, con data del 7.5.1994, della quale si unisce copia, ha ritenuto che l'attività radioamatoriale possa considerarsi esente dalle previsioni della legge 46/90 restando però..."salva la necessità, di garantire una reale applicazione della norma CEI-81/1 (protezione di strutture contro i fulmini), qualora una installazione di antenna radioamatoriale possa, in relazione alle sue caratteristiche, alterare l'altezza virtuale di un edificio e quindi rendere necessaria una protezione di tutto l'edificio contro i fulmini". La suddetta nota venne pubblicata su Radio Rivista n.10 del 1994.
A parere del sottoscritto, quanto sopra riportato dovrebbe essere sufficiente a far ritenere che i nostri impianti di antenna siano esclusi dal campo di applicazione della legge n.46/90. E' vero che una nota ministeriale non ha lo stesso peso giuridico di una legge e che in essa viene usato il condizionale "potrebbe", tuttavia ritengo che essa rappresenti in ogni caso un autorevole pronunciamento, da parte dello stesso Ministero promotore della legge sulla sicurezza degli impianti, a favore della esclusione degli impianti radioamatoriali, pronunciamento che non potrebbe venire disatteso in sede legale in caso di contenzioso per un eventuale sinistro. E in quella sede avrebbe il suo valore anche la nota dell'Ing. Avanzi sopra accennata con cui, tra l'altro, si invitava l'Associazione Radioamatori Italiani alla massima diffusione tra gli associati di quanto comunicato dal Ministero dell'Industria Artigianato e Commercio.
Pur nell'ipotesi di non assoggettabilità degli impianti di antenna radioamatoriali alle prescrizioni della legge n.46/90, resta tuttavia l'obbligo di applicazione della normativa sulla protezione dalle scariche atmosferiche. A tale proposito rinvio ad altro articolo, pubblicato in questa stessa sezione del portale, intitolato "Protezione dalle scariche atmosferiche". In esso illustro la procedura semplificata per la valutazione del rischio di fulminazione prevista dalla Norma CEI81-1 e applicata al caso specifico delle nostre antenne.
Naturalmente, obbligo della protezione dalle scariche atmosferiche non vuol dire obbligo di realizzare un impianto di protezione dalle scariche atmosferiche. Vuol dire invece che la struttura interessata deve essere protetta contro i fulmini a regola d'arte. A questo proposito, la legge n.186 del 1° marzo 1968 e la stessa legge n.46/90 stabiliscono che la protezione conforme alla norma CEI 81-1 è da considerarsi a regola d'arte. Si tratta, quindi, di applicare tale normativa tecnica al caso specifico, volta per volta, e vedere cosa siamo effettivamente tenuti a fare. Nel caso in cui, a seguito della applicazione della norma CEI81-1, il rischio dovuto al fulmine risultasse minore di quello tollerabile, non sarebbe richiesta alcuna misura di protezione perchè, come si dice in questi casi, l'edificio interessato risulterebbe "autoprotetto".
Qualora, invece, la realizzazione di un impianto di protezione dalle scariche atmosferiche risultasse necessaria, oltre a doverci rivolgere a personale abilitato che alla fine dei lavori ci rilasci la "dichiarazione di conformità" prevista dalla legge n.46/90, potremmo essere costretti anche a far redigere apposito progetto di tale impianto. Il Regolamento di Attuazione della legge n.46/90, infatti, all'art.4, prevede l'obbligo di progetto:
"d) per gli impianti di cui all'art. 1, comma 1, lettera b) (tra cui gli impianti radiotelevisivi e le antenne, n.d.r.), della legge, per gli impianti elettronici in genere, quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione nonche' per gli impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 mc dotati di impianti elettrici soggetti a normativa specifica CEI o in edifici con volume superiore a 200 mc e con altezza superiore a 5 metri;" (la sottolineatura è mia)
In base, dunque, alle dimensioni degli edifici interessati e alla eventuale presenza o meno di impianti elettrici soggetti a specifica normativa CEI (esempio: locali ad uso medico, locali con pericolo di esplosione, locali con maggiore rischio in caso di incendio) sarà necessario o meno redigere il progetto dell'impianto di protezione dai fulmini. Escludendo i casi più rari di presenza di impianti soggetti a specifica normativa CEI, resta l'eventualità che l'edificio interessato abbia un volume superiore a 200 mc e un'altezza superiore 5 metri. In effetti, considerati questi valori dimensionali, è molto facile ricadere in questa eventualità. Ovviamente, qualora il progetto dell'impianto di protezione dai fulmini fosse necessario, esso potrà essere redatto solo da un professionista abilitato.
Vi è da dire che, nella denegata ipotesi che, nonostante il pronunciamento del 1994 del Ministero dell'Industria, Artigianato e Commercio, gli impianti di antenna dei radioamatori non fossero esclusi dal campo di applicazione della legge n.46/90, anche per essi sarebbe molto facile ritrovarsi con l'obbligo della loro progettazione. Infatti, la lettera b) dell'art.4 del Regolamento di attuazione della legge, sopra riportata, include tra gli impianti per i quali è necessario il progetto sotto certe condizioni, anche le antenne e gli impianti radiotelevisivi in genere. In realtà, professionalmente non mi è ancora capitato di vedere un solo progetto, redatto ai sensi della Legge n.46/90, di impianto televisivo centralizzato di un condominio, ad esempio.
Comunque, come si è visto, il progetto dell'impianto di antenna ai sensi della Legge n.46/90 e successivo Regolamento di Attuazione, non è sempre necessario, nè è sempre obbligatorio un collegamento a terra o un vero e proprio impianto di protezione dai fulmini, nè è obbligatorio non superare certe altezze con le antenne. In realtà, i casi possibili vanno studiati singolarmente, di volta in volta, alla luce di quanto sopra esposto.
Passiamo ora alle norme di carattere urbanistico.
Tali sono quelle norme in forza delle quali potrebbe essere richiesto un permesso di costruire (come oggi si chiama la vecchia concessione edilizia) o una D.I.A. (Denuncia di Inizio Attività) o comunque un provvedimento che autorizzi l'installazione del sistema di antenna. A tale proposito, nell'ormai lontano anno 1988, il Consiglio di Stato, sezione V giurisdizionale, con sua decisione del 20 maggio 1988, depositata il successivo 20 ottobre, si espresse sull'argomento in maniera chiara ed inequivocabile , dichiarando che:
"l'antenna in questione (una direttiva tipo YAGI montata su traliccio posto sul tetto di un edificio, n.d.r.) non costituisce trasformazione del territorio Comunale agli effetti delle leggi urbanistiche, le quali si riferiscono ad opere infisse al suolo o di sistemazione a scopo edificatorio del suolo stesso, e non necessita di autorizzazione o concessione edilizia piu' di quanto ne necessitino le antenne televisive poste sui tetti delle case"...omissis..."Va per contro osservato che l'autorizzazione all'installazione di stazioni radioelettriche ad uso privato - e della relativa antenna - compete all' Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, alla quale l'art. 397 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 Marzo 1973 n. 156 riserva il potere di dettare, con decreto del Ministro le norme tecniche relative, cosicche' anche per questo verso, risulta infondata la pretesa del Comune di sindacare in via di autorizzazione le dimensioni dell'antenna"
Questa sentenza ha fatto storia, rappresentando un solido punto di riferimento per molte successive sentenze di altre Corti.
Per esempio, il T.A.R. Piemonte, con sentenza n.5933 del 10-5-2000, ha ribadito che:
"l’installazione di una antenna per radioamatore è considerata dalla giurisprudenza un’opera che non importa attività di trasformazione del territorio, priva quindi di rilevanza edilizia, a meno che non vi siano opere edilizie eccedenti quelle necessarie per la semplice posa in opera delle attrezzature tecniche costituenti l’impianto ( Tar Piemonte 163 del 16-4-1993, C.d.S. V 642 del 15-12-1986; C.d.S. V 1283 del 7-9-1995). Nel caso di specie vi è stata solo la posa del traliccio quale sostegno dell’antenna; il traliccio non può essere considerato un’ opera di rilevanza edilizia." ( http://www.altalex.com/index.php?ids...not=1589)Dello stesso parere il T.A.R. Puglia che, con sentenza n.912 del 15-6-1990 ha stabilito che:
"l’antenna di una stazione radioelettrica non comporta in nessun modo e in nessun caso trasformazione edilizia e/o urbanistica del territorio comunale agli effetti delle vigenti leggi urbanistiche, le quali si riferiscono ad opere infisse al suolo o di sistemazione a scopo edificatorio del suolo stesso. L’ installazione di tali antenne, con i relativi tralicci che fungono da sostegno non necessita pertanto di autorizzazione o concessione edilizia , al pari di quanto comunemente avviene per le antenne televisive poste sui tetti delle case o degli impianti installati dall’ E.N.E.L. , dalla S.I.P. e da similari enti ( in tal senso cfr. Cons. Stato , sez. V . 20.10.1988. n. 594 ). ( http://members.xoom.virgilio.it/_XOO...IA91290.htm)Al contrario, lo stesso Consiglio di Stato, V sezione, ha stabilito la necessità del titolo abilitativo alla installazione di un traliccio di supporto di antenne qualora esso sia ancorato direttamente al suolo. Infatti, con sentenza n.5253 del 5-10-2001, premettendo che:
"La costante giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte osservato che ai sensi dell'art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 è soggetta al rilascio della concessione edilizia ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento e l'alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico, o anche solo funzionale (Sez. V, 14 dicembre 1994, n. 1486; Sez. V, 23 gennaio 1991, n. 64; Sez. V, 21 ottobre 1985, n. 343)."
ha stabilito che:
"In particolare, poiché il piano urbanistico quale strumento di pianificazione indica quali siano le consentite modificazioni del territorio, il richiamato art. 1 della legge n. 109 del 1977 richiede il rilascio della concessione edilizia (e dunque il necessario riscontro di conformità) quando s'intenda realizzare un intervento sul territorio con la perdurante modifica dello stato dei luoghi con materiale posto sul suolo, pur in assenza di opere in muratura (Sez. V, 1 marzo 1993, n. 319; Sez. V, 23 gennaio 1991; Sez. II, 2 maggio 1990, n. 1092/89; Sez. II, 11 ottobre 1989, n. 1348/88; Sez. V, 15 luglio 1983, n. 329), anche quando si tratti di una "antenna saldamente ancorata al suolo e visibile dai luoghi circostanti" (Sez. V, 6 aprile 1998, n. 415)." ( http://www.ambientediritto.it/senten...1%20n.5253.htm)
Sembrerebbe, dunque, ormai consolidata la giurisprudenza che vuole non necessario alcun provvedimento autorizzativo emesso dalla P.A. per l'installazione di antenne radioamatoriali sopra i tetti delle case, mentre richiede tale provvedimento autorizzativo (permesso di costruire o D.I.A.) nel caso in cui il supporto delle antenne consista in un'opera più importante da impiantare direttamente al suolo e che richieda lavori di movimento terra per scavi, plinti di fondazioni etc. E' facile rifiutare in ogni caso questa conclusione, rammentando che la nostra A.G. si estende anche alle antenne, senza le quali di fatto non potremmo svolgere alcun servizio per il quale siamo stati autorizzati. Ma, riacquistando pacatezza e ragionevolezza, dobbiamo riconoscere la cogenza dell'articolo n.17 dell'Allegato 26 del Codice delle Comunicazioni, accennato all'inizio di questo articolo, il quale ci impone il rispetto anche delle norme di carattere "urbanistico". Quindi, in poche parole, siamo si autorizzati ad installare le antenne che riteniamo opportune, ma nel rispetto delle leggi oggi vigenti in merito.
Il consiglio che mi sento di dare a chiunque voglia muoversi correttamente e prevenire eventuali problemi, con conseguenti esborsi di denaro per spese legali (anche nell'ipotesi di finale vittoria, spesso le spese vengono compensate tra le parti, ossia ognuno si paga le proprie...), è quello di conoscere adeguatamente la regolamentazione urbanistica della propria città. Basta recarsi presso l'Ufficio Tecnico del proprio Comune, direttamente o per il tramite di un tecnico di fiducia. Non esiste una regola generale valida per la totalità dei Comuni Italiani. In ambito urbanistico, in pratica, il federalismo è assai più spinto che in altri ambiti, per cui potrebbe essere che in un Comune ti si chieda una D.I.A. per installare il traliccio, mentre in un altro Comune tale installazione ti venga direttamente negata dalle norme. Quanto sopra almeno per sapere a cosa potremmo andare incontro qualora decidessimo di agire senza chiedere alcun atto autorizzativo. E' sempre valido il detto "prevenire è meglio che curare"...
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